I Reati Tributari e la responsabilità amministrativa degli enti

 

a cura dell’Avv. Anna Di Lorenzo e dell’Avv. Elena Zaggia

Negli ultimi tempi si è molto discusso della introduzione, nel novero dei reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti ai sensi del D.Lgs. 231/01, dei reati Tributari.

Il tema è tornato vivo con il Disegno di Legge per il recepimento della Direttiva (UE) 2017/1371 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2017 (cosiddetta PIF) che ha per oggetto “…(le) norme minime riguardo alla definizione di reati e di sanzioni in materia di lotta contro la frode e altre attività illegali che ledono gli interessi finanziari dell’Unione, al fine di rafforzare la protezione contro reati che ledono tali interessi finanziari, in conformità dell’acquis dell’Unione in questo settore.” (art. 1).

Per quanto riguarda gli “interessi finanziari dell’Unione”, la Direttiva li definisce all’art. 2: “…tutte le entrate, le spese e i beni che sono coperti o acquisiti oppure dovuti in virtù: i) del bilancio dell’Unione; ii) dei bilanci di istituzioni, organi e organismi dell’Unione istituiti in virtù dei trattati o dei bilanci da questi direttamente o indirettamente gestiti e controllati” ed al secondo comma precisa “In materia di entrate derivanti dalle risorse proprie provenienti dall’IVA, la presente direttiva si applica unicamente ai casi di reati gravi contro il sistema comune dell’IVA. Ai fini della presente direttiva, i reati contro il sistema comune dell’IVA sono considerati gravi qualora le azioni od omissioni di carattere intenzionale secondo la definizione di cui all’articolo 3, paragrafo 2, lettera d), siano connesse al territorio di due o più Stati membri dell’Unione e comportino un danno complessivo pari ad almeno 10 000 000 EUR.

Ma quali sono le fattispecie realmente interessate da questa previsione di adeguamento?

La disciplina europea stabilisce l’obbligo per ciascuno Stato membro di introdurre, ove già non vigenti, appositi reati volti a sanzionare le “frodi che ledono gli interessi finanziari dell’Unione“.

Agli artt. 3, 4 e 5 sono previste una serie di fattispecie (tra cui frodi che ledono gli interessi finanziari dello stato, riciclaggio, corruzione attiva e passiva, appropriazione indebita) che la legislazione italiana già disciplina.

La novità che qui rileva consiste nell’obbligo di introdurre la responsabilità delle “persone giuridiche”, (la cui definizione si può trovare all’art. 2 co. 1 lett. b) “si intende per «persona giuridica» qualsiasi entità che abbia personalità giuridica in forza del diritto applicabile, ad eccezione degli Stati o di altri organismi pubblici nell’esercizio dei pubblici poteri e delle organizzazioni internazionali pubbliche.”) per le fattispecie, tra le altre, di cui all’art. 3.

La portata della modifica introdotta potrebbe essere dirompente.

In realtà non va dimenticato, come sopra detto, che la disciplina europea “in materia di entrate derivanti dalle risorse proprie provenienti dall’IVA” impone l’obbligo di criminalizzazione soltanto per le fattispecie che vengano considerate “gravi”, come riportato dall’art. 2, in quanto:

  • le azioni od omissioni siano connesse al territorio di due o più Stati membri;
  • comportino un danno per l’Unione di almeno € 10.000.000,00.

Dal Disegno di Legge dello Stato Italiano per il recepimento della Direttiva PIF, approvato dalla Camera dei Deputati in data 13 novembre 2018 e presentato al Senato con Disegno di Legge n. S.944, non si riscontrano al momento suggerimenti da parte del legislatore sulla reale portata della suddetta estensione dei reati presupposto 231, dato che lo stesso ha operato un totale rimando al testo della normativa europea.

Alla luce di tali specificazioni, quindi, può affermarsi che, a seconda di come venga interpretata la “clausola di gravità“, l’introduzione dei reati tributari (con particolare riferimento all’omesso versamento dell’IVA) nell’alveo dei reati presupposto della responsabilità degli enti, potrebbe interessare: o società dal significativo “fatturato” in un determinato Stato membro dell’Unione Europea, o società dalla struttura mediamente complessa, con ingenti attività commerciali in più Paesi europei e/o con almeno una sede secondaria in altri Stati dell’Unione.

Non vi è che da restare in attesa della presa di posizione del legislatore italiano sul punto.